MEMI - Il mio MSX
È arrivato il momento di svelare il vero motivo per il quale ho iniziato a usare Substack, ovvero pubblicare ogni tanto questa cosa qui.
Ciao a tutti,
ve l’ho fatta sotto il naso (come il Resourceful Rat di EtG). Vi ho detto che avrei preso una settimana di pausa perché avevo bisogno di distrarvi abbastanza e mettermi sotto con questa roba che ho in canna da troppo tempo e che rischiava di andare perduta. Ho iniziato a usare Substack ormai circa tre mesi fa: sentivo che mi sarebbe piaciuto condividere con qualcuno una serie di racconti che mettessero insieme i miei ricordi e le console o i videogiochi a cui sono legati (si, sono in una fase della mia vita mediamente nostalgica ma meglio fissare certe cose ora che me le ricordo) e per farlo avevo bisogno di uno strumento che mi permettesse di fare ciò che volevo, raggiungendo persone diverse da quelle che magari mi seguono su Facebook o su Instagram. Curioso questo spunto: ormai internet è così saturo di canali di comunicazione che scegliere quello adatto può diventare una questione non di bacino di utenza ma di strumenti che ti mette a disposizione.
In principio, il nome di questa raccolta di appuntamenti sarebbe dovuto essere “Il Pirata dello Spazio”, per via dell’illuminante video che vi ho linkato e che mi ha fatto scattare come una molla, facendomi venire La Voglia. Oggi invece si chiama MEMI, ovvero Memorie E Malinconie In digitale. Lo so che è una forzatura schifosa ma era la prima cosa decente che mi è venuta senza passare da ChatGPT. Memi è il soprannome che mio padre mi ha dato da piccolo, con la M di Massimo e l’EMI di Emiliano: è l’unico nomignolo che ho ricevuto nella mia vita ed è quello che conservo con più dolcezza, perché ancora oggi papà lo usa nei momenti più intimi e delicati.
Quello che voglio fare è concedermi un viaggio in apnea nei miei ricordi, facendomi prendere dalle prime cose che mi vengono in mente, dalle sensazioni che mi porto appresso e che mi hanno segnato, unite sotto il comune denominatore dei videogiochi, che per me sono stati apprendimento, divertimento ma soprattutto amore. Per i miei amici, per la mia famiglia, per le persone con cui ho potuto condividere alcuni momenti. Voglio ringraziare Ludovica, che ha realizzato per me l’illustrazione che vedete qui sotto e augurarvi buona lettura.
Ciao!
Accompagnamento musicale consigliato: I. Flight of the Navigator
Il Philips MSX VG 80201 è stato il primo oggetto tecnologico di mia proprietà2 su cui ricordo di aver poggiato le mie manine da bambino curioso. Dannazione (!), non vi nascondo che credevo sarebbe stato più semplice ricordare qualcosa ma ho finito di lavorare da poco, devo fermarmi a fare la spesa e temo di aver bisogno di un caffè.
Lo sento, sto per scrivere qualcosa su mio padre e questo pensiero mi inebria, mi pervade e mi porta ad associare a lui il profumo del caffè: è un passaggio che mi mette sempre di buonumore e, in fondo, mi aiuta a capire che ho iniziato a scrivere queste righe per parlare più di lui che di me. Una specie di dichiarazione d’amore.
Da piccolo sono stato un bambino con una fantasia sconfinata, in grado di inventare giochi e passatempi3 con qualsiasi cosa mi capitasse a tiro. Eppure, già dal primo impatto mi è risultato difficile immaginare che con quella roba lì, con quel televisore + tastiera + lettore di cassette + joystick, fosse possibile giocare e divertirsi davvero. Avevo già avuto piccole esperienze di settore: ad esempio, avevo provato il NES a casa di amici di papà e mi avevano dovuto portare via a forza mentre litigavo con Mino Bomber, figlio del tizio che anni dopo mi ha fatto la modifica alla PSOne, ma in generale situazioni di quel tipo avevano fissato in me il concetto di console da casa4. Il Phillips trasgrediva con forza ognuno di quegli standard: anzitutto non si collegava al normale televisore ma aveva un monitor apposito, un cubo con sfondo verde allucinogeno e coi caratteri bianchi opachi, in grado di emettere una luce fluorescente così forte da far apparire chi lo stesse usando come Montgomery Burns versione alieno; tutto l’accrocco produceva poi un sacco di rumori quasi tutti meccanici o sintetici, dalla tastiera al joystick, compreso il lettore del nastro, così simile a un videoregistratore.
Riflettendoci, questo era l’aspetto che mi metteva più in difficoltà, ovvero pensare che il tutto fosse alimentato da delle cassette identiche a quelle che papà utilizzava per ascoltare la musica. Non riuscivo a darmi pace, non poteva essere possibile che lo stesso oggetto servisse tanto per la musica quanto per i giochi e se anche lo fosse stato allora, per converso, le cassette della musica di papà nascondevano sicuramente dei giochi da provare.
Papà mi ha spinto fin da piccolo ad approcciare la tecnologia domestica, di cui lui era un utilizzatore accanito. In casa avevamo macchine fotografiche, videoregistratori, videocamere e qualsiasi altro oggetto potesse definirsi tecnologico negli anni Novanta: inoltre, lui teneva nella mia cameretta l’attrezzatura per la musica5, con stereo, lettori di cassette e cd, giradischi, casse, amplificatori e un muro di dischi, suddivisi semplicemente in Musica italiana e Musica straniera. Questo muro per molti anni è stato il colpo di scena della mia camera, il passaggio segreto dietro la libreria, da svelare ai pochi eletti che venivano invitati da papà a scoprire i segreti delle sue stanze.
Se qualcuno gli chiedeva una cassetta, papà la metteva a registrare la sera, in modo che al mattino fosse finita, e questo comportava che io mi addormentassi ascoltando in sottofondo la flebile musica che veniva fuori dalle cuffie collegate al registratore, perché, per poter essere registrata sulla nuova cassetta, tutta la musica doveva andare, come diceva lui, cioè doveva essere riprodotta. A un certo punto mi sono guadagnato i gradi di Delegato Scelto e ogni tanto toccava a me mettere a registrare le cassette, perché glielo avevo visto fare tante volte e avevo memorizzato bene tutti i passaggi: cassetta con musica a sinistra, cassetta vergine a destra, riavvolgere tutto il nastro di quella a sinistra fino a che non senti “CLACK!”, collegare le cuffie, spostare la leva dell’audio e premere il tasto rosso REC.
Grazie a questa roba, a cinque anni il mio cantante preferito era Gianni Morandi e forse per lo stesso motivo, ancora oggi, sentire qualcuno che parla mi concilia il sonno e quindi sono solito addormentarmi ascoltando le live su Twitch di gente che gioca a GTA RP6.
Le audiocassette erano una componente d’arredo sempre presente nella mia camera e io avevo imparato anche a giocarci: ogni tanto papà mi lasciava quelle non più funzionanti, e io ci inserivo una matita nei fori del nastro per riavvolgerlo prima da una parte e poi dall’altra. Capite bene quanto per me fossero così fuori luogo le due cose insieme, i videogiochi e le cassette, ed è forse per questo che non mi viene in mente nulla di preciso se provo a pensare a qualche gioco7 tra quelli che avevamo. Col tempo papà ha capito che avevo abbastanza interesse e cura delle cose da poterci mettere le mani sopra senza romperle (al contrario di mio fratello che è sempre stato più sbadato) e quindi ha iniziato ad accendermi l’MSX il pomeriggio e a farmi giocare con il prompt dei comandi del sistema operativo. Praticamente era come giocare con un foglio di Word: passavo ore interminabili a schiacciare lettere sulla tastiera, scrivendo le classiche parole chilometriche e insensate che potrebbe produrre solo un bambino di quattro anni alle prese con tutti quei caratteri. Questo me lo ricordo bene, perché mi divertivo molto mentre ad alta voce inventavo delle storie che erano collegate ai tasti che premevo: se un personaggio correva allora tenevo premuta sempre la stessa lettera tipo jjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjj mentre se c’era un ostacolo da saltare la sequenza era j j j j j j j j j j j j, con l’alternanza lettera-barra spaziatrice in base alla cadenza dei salti.
Ma è durato poco. O forse più di quello che mi sembra, non lo so più. Il Philips venne messo da parte dopo qualche tempo, per fare spazio al primo PC, arrivato a casa nostra in circostanze quantomeno curiose e che spero di raccontarvi, che riguardano mio fratello, mazzate random e le sale giochi. Circa venti anni dopo però, questo aggeggio è tornato di nuovo nella mia vita, come un sogno ricorrente.
Un pomeriggio lo abbiamo tirato fuori dalla soffitta per farlo ripartire un’ultima volta, per concedergli la sua The Last Dance: era immacolato, perfettamente conservato nella sua bara (un cartone di banane Bonita8) e ovviamente ancora funzionante. Appena messo sul tavolo, i pensieri miei, di papà e di Andrea si sono sincronizzati e abbiamo ricordato quale fosse il problema di quel computer: avevamo scassato alcuni bottoni della tastiera, proprio quelli fondamentali per dare il comando di input alla lettura delle cassette. Credo, pensandoci adesso, che quando papà finalmente mi concesse di giocarci, lo fece ritenendolo ormai irrecuperabile.
Abbiamo quindi chiamato un amico di famiglia, Giovanni, che ha smanettato con la tastiera per qualche giorno, riportandola a nuovo. Una volta sistemato lo abbiamo acceso ancora una volta per provare quei tasti, senza far partire nulla ma solo per assicurarci che fosse guarito, prima di chiuderlo di nuovo nella sua custodia e riportarlo dove riposa, vicino alla Playstation 1, assieme a tutte quelle parole sconclusionate che ho digitato da piccolo. Mi fa sorridere sapere che è conservato lì, in una soffitta come quelle dei film, assieme a un altro mio bene preziosissimo come il primo album di figurine dei Pokèmon venduto in Italia, a cui manca la sola figurina di Slowbro per completarlo. Immagino che di notte tutti i personaggi delle storie che ho inventato digitando su quella tastiera prendano vita ed escano fuori dal cartone, facendo una corsetta e qualche salto come quando (già allora) andare al mare la domenica mi faceva schifo perché non potevo rimanere a giocare con l’MSX.
oggi mi sembra assurdo associare il marchio Phillips al mondo dei videogiochi ma ho avuto modo di scoprire che in passato, quando il mercato non era tripartito tra Sony, Microsoft e Nintendo, anche altri player hanno provato ad accaparrarsi una fetta di mercato, un po’ come oggi sta accadendo con le console portatili. Ad esempio, con il Phillips Videopac (1978) si è cercato di contrastare il dominio dell'Atari 2600, rappresentando di fatto uno dei primi approcci di Phillips all'universo videoludico; inoltre, quello che dovrebbe essere l'ultimo tentativo in ordine di tempo, è arrivato nel 1992 col Phillips CD-i, solo due anni prima che Sony con Playstation consolidasse i compact disc nel mercato dei videogiochi e imprimesse una svolta consistente al mercato. Andò malissimo, un po' per problemi hardware e un po' per la scarsità di titoli eppure potremmo dire che il fallimento del CD-i ha spinto ancora di più Sony verso la direzione giusta, favorendo l'affermarsi negli anni successivi della famosissima, bellissima e affascinante ed erotica oltre ogni modo prima Playstation. Che non chiamerò mai PSX, dovessero rasarmi a zero i capelli;
mi fa sempre sorridere come sia mutevole il comune rapporto col concetto di proprietà. La casa dei miei genitori è casa mia ma solo fino a quando non ne ho una che è davvero mia, o meglio, una dove vado a vivere da solo; la macchina rimane sempre e comunque di papà o della mamma, specie se fa schifo. Papà in merito ha una modus operandi incredibile: qualche anno fa è andato a rovistare nelle mie cose e ha trovato una macchina fotografica compatta che mi ha regalato lui quando ho compiuto sedici anni. Se l'è presa, senza dire nulla. Quando gliel'ho vista in camera gli ho chiesto come mai fosse lì e lui mi ha semplicemente risposto "Me la sono ripresa. Te l'ho regalata io ma tu non la usi più quindi è mia". Nulla da dire;
io ed il mio amico Vincenzo eravamo famosi per questo alle scuole elementari. Non si poteva uscire da casa senza qualcosa appresso per giocare durante la ricreazione, catalizzando l’attenzione degli amici verso i nostri banchi. Forse in quel momento ho sviluppato la necessità di uscire di casa con qualcosa che mi potesse aiutare a combattere la noia, che sia il telefono con la batteria completamente carica o la Switch. Per questo, probabilmente, adoro le console portatili e infatti la prima console mia e solo mia è stato il GameBoy Advance;
avrei dovuto aspettare anni prima di entrare in una sala giochi. Sapevo dell’esistenza di questi posti pieni di videogiochi, ma papà aveva posto un veto inequivocabile, quindi nessuno poteva portarci me o mio fratello, nemmeno gli amici o i parenti stretti;
l'attrezzatura, o per meglio dire la strumentazione, come veniva chiamata in casa nostra, veniva acquistata quasi sempre nello stesso negozio: Stereoforum, su Corso Umberto I a Francavilla Fontana, con piccole capate dal signor Bombardino, operativo su Oria. Stereoforum era un posto realmente magico, il cui ricordo fa ancora ridere a manetta me e mio fratello: era gestito da questi due fratelli imponenti, mediamente alti, ed era strutturato come un lungo corridoio dove gli stereo, le autoradio e le casse stavano subito all'inizio, vicino alla porta, e in fondo c'era questa scrivania dietro cui sedevano i due proprietari, circondati da scaffali pieni di CD. Avevano la visuale lontana, quindi tu per poter arrivare da loro gli concedevi il tempo materiale di squadrarti, passeggiando in questo corridoio. L'aria puzzava sempre di sigarette fumate in due minuti, loro sprofondavano nelle poltrone da scrivania sfondate e noi ci divertivamo a premere i tasti dei diversi impianti, alzando e abbassando il volume e beandoci di tutte quelle luci e led mentre aspettavamo papà. Ce lo facevano fare, forse un po' gli piaceva l'idea che smanettassimo con la loro roba. Papà da loro comprava di tutto e ogni tanto si faceva allungare dei dischi masterizzati; siccome questi duplicavano anche le copertine, avevano inventato uno stratagemma per riconoscere i loro dischi: l'icona solitamente presente sotto la tracklist sul retro della copertina, che riportava la scritta STOP PIRATES veniva modificata da loro in TOP PIRATES. Così facendo potevano riconoscere in qualunque momento i loro prodotti che magari passavano di mano in mano e ritornavano in negozio. Oggi quel posto ha chiuso ed è stato rimpiazzato da una galleria d'arte che, se non altro, ha mantenuto intatta la sacralità del luogo;
Leonardo Nioi, in arte Velox, probabilmente il miglior roleplayer in Italia. Famoso per essere principalmente un giocatore di COD, qualche anno fa si è lanciato su GTA RP, ovvero gente che gioca di ruolo utilizzando GTA V. Personalmente la trovo una delle cose più simili a una sorta di teatro amatoriale digitale: ci sono centinaia di videogiocatori che recitano una parte per ore e ore, improvvisando dialoghi e storie e tessendo trame incredibili ma (purtroppo) monotematiche e sempre incentrate sulla malavita, usando la mappa di GTA come palco per le proprie esibizioni. La prima run di Velox su GTA RP, scanzonata ma soprattutto spensierata, si è conclusa con il suo matrimonio, con tanto di cerimonia, concerto di Vegas Jones e discorso di Francesco Pezzulli, il doppiatore italiano di Leonardo Di Caprio. È ancora oggi, secondo me, uno dei momenti più alti di Twitch Italia.
una breve lista dei migliori giochi per MSX. Spoiler: al secondo posto c'è il primo Metal Gear, non ancora "Solid" poichè non ancora in tre dimensioni. Ho avuto modo di giocarlo solo quindici anni dopo, quando mio fratello mi ha regalato la collection di Metal Gear che aveva la versione di MGS 3: Snake Eater con dentro i due capitoli usciti per MSX. Per i videogiochi dell'epoca, parliamo di qualcosa avanti anni luce;
se non avete parenti o amici che fanno gli ambulanti come papà mio, i cartoni di banane Bonita non avranno alcun significato per voi. Anzi, magari quando li vedete per strada vi sono di intralcio, da ragazzi avrete anche giocato a prenderli a calci fino a distruggerli. Complimenti! Per un mercante, invece, (o commerciante che dir si voglia) sono invece un bene preziosissimo perché sono rigidissimi, spaziosi e possono essere incastrati come si vuole all’interno di un furgone, come una specie di Tetris IRL. Anche per questo i fruttivendoli non li distruggono mai, come tutti gli altri cartoni classici, ma li lasciano integri fuori dal negozio alla sera: prima o poi, specialmente a Francavilla, terra di mercanti, di sognatori e di surgelati, qualcuno passerà da lì e recupererà quei cartoni per usarli al lavoro o per portarli a papà, come facciamo ancora oggi io e mio fratello;
Stupendo. Non ho mai avuto l'MSX (neanche lo conoscevo fino a oggi) ma sei riuscito a farmi provare nostalgia lo stesso.
PS: mi ritrovo molto nella riflessione sui diversi canali di comunicazione digitale che fai in apertura.