Piatto unico (se gradito) #13
Si avvicina la fine della seconda stagione, considerando l'imminente nuovo controllo dalla nutrizionista. Siamo onesti: a oggi sarei bocciato.
Ben ritrovati a tutti!
Tornare a Bari è stato un ottimo modo per iniziare il 2024 all’insegna del silenzio. Quello della via in cui abito, dove tutti stanno per i fatti propri, con la testa bassa a fumare una sigaretta. L’unica eccezione è questa famiglia che abita di fronte da me, una coppia sulla settantina con la figlia di cinquant’anni, maestri nell’urlarsi addosso tutto il giorno, mentre si picchiano manco fossero a WrestleMania. Qualche volta sono intervenute anche le forze dell’ordine, chiamate dai vicini per fermare l’escalation di schiaffi in faccia: non sembrano gente cattiva, semplicemente hanno dei problemi psichici evidenti e quindi stanno lì, abbandonati un po’ a loro stessi, con la figlia che rovista nella spazzatura e si pettina negli specchietti delle auto parcheggiate. Mi sono permesso di chiedere informazioni a qualche vicino, fingendomi disinteressato, cercando di capire se potessimo fare qualcosa: uno mi ha detto che sono trent’anni che va avanti così, troppo soli e troppo poveri per potersi permettere un aiuto. Bari, del resto, è anche la città del dramma di Lello e Angela.
La parola di questi giorni è “stabilizzare”. Si provano a stabilizzare le persone gravemente ammalate, nella speranza che possano trovare un po’ di sollievo dalle loro sofferenze, ma anche i docenti provano a farsi stabilizzare, rendendo effettivo il loro incarico così da poterla smettere di vivere di anno in anno. Io stesso ho iniziato il nuovo anno provando a stabilizzarmi un po’, fronteggiando le mie abitudini, i miei tempi, cercando di venirne a capo. Da diversi mesi sto vivendo una routine poco mia, fatta di giornate passate con l’orologio in mano manco fossi Lewis Hamilton a Silverstone: sveglia presto per arrivare prima al lavoro, così da poter uscire prima per fare cose tipo spesa, pulizie o palestra (bonanima!), in modo da tornare prima a casa, cenare quanto prima e infilarmi il prima possibile nel letto. Una corsa contro il tempo continua, ogni giorno, figlia di abitudini che ho provato a fare mie e che alla fine ho rigettato, caricandomi inutilmente di ansia quando saltava il minimo incastro di dieci minuti. Sto provando a cambiare, ho fatto alcuni aggiustamenti: l’altro giorno sono uscito dall’ufficio più tardi del solito, ho lasciato il monopattino a casa e sono andato a salutare Ludovica, senza guardare mai l’orologio. Vediamo che succede.
Un abbraccio!
Soldi Wrapped 2023
Vi avevo promesso questo momento e finalmente ecco qui l’occasione per farsi ulteriormente un po’ di fatti miei MA fingendo di discutere dei grandi temi economici e sociali del nostro tempo.
Benvenuti al mio personalissimo Soldi Wrapped dell’anno 2023, un format di MassimoDueTocchi, in collaborazione con Spotify e Intesa Sanpaolo. Oggi, grazie ai potenti mezzi governativi a nostra disposizione, proveremo a capire qualcosa in più su come va il mondo in generale e su come questo fantomatico mondo (di cui si parla tanto) si trovi a collidere molto spesso con la mia vita. Partendo da una elaborazione di dati relativi a come gestisco i miei soldi durante l’anno, trascorreremo assieme qualche rigo nella più assoluta tristezza, ma sarà comunque una tristezza informata, certificata da dati ineludibili.
Passo indietro: in Piatto unico (se gradito) #3 vi avevo anticipato l’esistenza di questo bellissimo foglio Excel in cui annoto tutte le entrate e le uscite di ogni mese, allocando settimanalmente le singole spese nelle rispettive categorie, come faccio al lavoro col conto economico. Il 2023 è stato il primo anno che ho tracciato per intero (ho iniziato ad aprile 2022), quindi ogni singolo euro guadagnato o speso è stato masticato da Check_Conto.xlsx. Alcune specificazioni: ho alternato valori numerici a valori percentuali, per fare un po’ il segreto, il misterioso di campagna, anche se penso di aver usato le percentuali per le info che mi creano più vergogna; nel calcolo dello stipendio netto annuale, lo stipendio di dicembre è approssimato poiché non disponibile quando ho iniziato a scrivere. Cominciamo!
ho speso in libri 17,59 euro. È un dato che non dice nulla, perché in questo momento ho 23 libri acquistati e ancora da leggere e non mi sembra il caso di accumulare roba1. Contestualmente, è stato deliberato lo stanziamento di budget per il 2024, pari a quattro euro mensili e cumulabili;
l’8% dello stipendio netto annuale viene accantonato in un fondo che ho aperto nel 2018. Parliamo di somme molto ridotte, con cui probabilmente riuscirei a campare sei mesi al massimo, però sapere che questo deposito esiste e che ogni mese ci aggiungo qualcosa mi fa sentire molto sereno. Come si dice a casa mia: ogni petra aza parete;
3204,24 euro è il totale speso per mangiare e bere fuori, sia per i fatti miei che con gli amici, con i colleghi e con Ludovica. Sono tanti soldi se considerati tutti assieme, ma mi piace pensare che siano associati praticamente tutti a bei momenti trascorsi in compagnia, quindi sticazzi. Sicuramente, la spesa mensile è in evidente calo a partire da settembre, da quando, appunto, ho iniziato a prepararmi i consueti piatti unici2;
il 2% dello stipendio è ascritto alla voce “Mobilità” ovvero monopattino elettrico per andare al lavoro3, pullman e treni. Se ci aggiungiamo il 3,28% in carburante per l’automobile, il 15,58% per pagarla, l’auto, e il 4,61% di assicurazione, tagliando, bollo, lavaggi e servizi vari, ecco svelato il vero motivo per il quale lavoro durante tutto l’anno: per muovermi nello spazio;
il mio parrucchiere ha guadagnato 90 euro da me, meno di dieci euro al mese, che è anche il costo del singolo taglio. Questo vuol dire che io per lui non conto assolutamente nulla e forse spiega come mai mi toccano sempre orari terribili tipo le sette di mattina. Proiezioni incerte: ho deciso di crescere i capelli quest’anno (quindi spenderò meno) ma ad agosto mi voglio fare le treccine durante le ferie (l’ultima volta le ho pagate cinquanta euro);
ho speso il 3,18% del mio stipendio per il vizio del fumo. Praticamente quasi pari ai soldi per fare la spesa, che sono il 4,02%. Letto così mi fa un po’ impressione. Ho provato diverse volte a smettere, ho iniziato anche a fumare la sigaretta elettronica e per un po’ avevo lasciato il tabacco. Ora fumo entrambe le cose, non riesco a venirne a capo ed ha poco senso parlarne al momento, non saprei cosa dirvi;
per la mia magna passione, i videogiochi, ho speso 196,66 euro, circa la metà di quanto ho speso per fare regali ad altre persone. Oggettivamente folle, questi importi dovrebbero essere esattamente invertiti, ma io sono uno dall’animo buono (oltre ad essere la stessa persona che ha aspettato tre mesi per comprare Persona 5 in sconto), quindi mi aspetto che nel 2024 le somme quantomeno si avvicinino. Budget per il nuovo anno bloccato fino a quando non smaltirò tutto il backlog;
il 17,38% dello stipendio è speso in affitto e utenze e credo sia un rapporto più o meno fisso per chiunque, anche spostandosi geograficamente più a nord o a sud. Quasi un quinto delle mie entrate per una doppia a uso singolo in casa con altre due persone. Praticamente se vivessi coi miei sarei ricco da fare schifo;
solo 40,50 euro per medicine e trattamenti di salute. Delle due l’una: o sono in formissima oppure mi sto trascurando. A questi si aggiungono anche i 90 euro di nutrizionista. Si discute di uno stanziamento di fondi da questa parte, per sistemare alcune cose, tipo dentista, ottico, cose del genere che fanno i personaggi famosi, raddrizzarsi i denti, operarsi agli occhi, farmi il trapianto di capelli;
il 3,13% l’ho speso in vestiti, i soldi peggio spesi dell’anno, veramente quelli che proprio mi fanno incazzare, perché fosse per me mi vestirei sempre uguale, davvero non riesco a dare importanza all’abbigliamento, sia mio che degli altri ed inoltre ho dovuto comprare due vestiti da matrimonio;
ho speso di più per la mia laurea (il 4,26%) che per fare una vacanza di tre giorni a Roma (il 3,52%). Non mi sembra vero.
Quanto odio i calcettisti
Tra i differenti cambiamenti che la pandemia da Covid-19 ha apportato alla mia vita, uno di quelli che col tempo ho imparato ad apprezzare di più è stata la fine del Mondaynights, il torneo di calcio a sette che assieme ai miei amici organizzavamo nel nostro paese. Iniziato più per provocazione che per reale interesse, in soli tre anni, dal 2017 al 2020, è cresciuto a dismisura, diventando una vera e propria attività imprenditoriale che coinvolgeva attivamente e per circa nove mesi all’anno qualcosa come cinquecento persone tra giocatori, organizzatori e tifosi. Il giro d’affari generato è difficile da spiegare a chi non bazzica il settore del calcetto e dei tornei: per farla breve, i giocatori amatoriali spenderebbero qualsiasi somma pur di vivere anche solo lontanamente il sogno di diventare calciatori e per le aziende locali (almeno fino al 2020) poter intercettare così tante persone e famiglie, di qualsiasi ceto sociale ed età, era una occasione veramente ghiotta, quantomeno nel nostro paese. Bastava entrare nei negozi e dire “Sono uno degli organizzatori del Mondaynights” per uscire con un accordo di sponsorizzazione. Utilizzando poi la formula associativa della ASD le tasse e gli obblighi fiscali sono ridotti all’osso, quindi è tutto guadagno pulito non distribuibile tra i soci.
Sono stati tre anni divertenti per molti aspetti, anche formativi se vogliamo, dove ho imparato tanto sotto il profilo organizzativo e gestionale; devo anche sottolineare che per quanto mi riguarda è stato tutto molto faticoso: operare in questo “mercato” vuol dire, a conti fatti, giocare con le ambizioni delle persone e toccare la parte molle della loro psiche, innestandogli un sogno nella testa, come in Inception, l’illusione che quella specifica partita conti davvero qualcosa, che possa cambiare le sorti della loro vita. Il tutto si amplifica a dismisura se consideriamo che questi ambienti sono bazzicati principalmente dai cosiddetti Calcettisti, che posso tranquillamente definire come la peggior specie di sportivi amatoriali che io abbia mai incontrato. Per chi fosse poco avvezzo, sento il dovere di illustrare brevemente cosa intendo per Calcettista:
un uomo di età compresa tra i 18 e i 50 anni;
nella sua vita ha praticato calcio a livello principalmente amatoriale, iniziando con la scuola calcio da bambino e finendo col racimolare al massimo qualche presenza nelle categorie dilettantistiche;
ha covato dentro di se la convinzione/maledizione di essere stato qualcosa di molto vicino a un vero giocatore di calcio, un professionista quasi, se non fosse per infortuni/altri giocatori raccomandati/difficoltà economiche a casa/squadre fallite e tutto il corredo di scuse.
Capite bene che, considerate queste condizioni, tutto il resto diventa qualcosa di estremamente complicato, sia da gestire che anche solo da raccontare. Nel calcetto amatoriale, quello strutturato su tornei, notturni e manifestazioni varie, vige da sempre la legge del più forte: chi vince ha l’ultima parola, subito davanti a quelli che picchiano di più, che possono anche essere dei perdenti cronici ma godono del rispetto altrui grazie alla loro tempra. In due stagioni e mezza ho visto tranquillissimi benzinai, agricoltori per bene e impiegati che non faticheresti a scambiare per un NPC, trasformarsi in demoni e mettere in mostra i loro lati peggiori; le partite di cartello erano, per i tifosi, come una serata a vedere l’UFC, fatte di minacce continue, gomiti alti e interventi al limite della decenza umana. Una volta un giocatore, dopo una zuffa in campo, è uscito come un diavolo cercando le chiavi della sua macchina perché doveva prendere la fiocina da pesca per sparare contro un avversario. Se ci penso ancora oggi non mi sembra vero che sia successo, che siamo stati a un mazzo di chiavi dalla strage.
Oggi vivo questo distacco con una serenità clamorosa, come se mi fossi tolto l’ennesimo macigno pesante che mi trascinavo dietro. Non ho più nessun rapporto con questa gente e non devo più ascoltarli mentre mi parlano dei loro problemi a casa per giustificare come mai abbiano fatto saltare due denti a un avversario. Fortunatamente, non abbiamo mai creduto di poter rendere quegli eventi il nostro lavoro, altrimenti mi sarei trovato intrappolato in un universo malato, fatto di irragionevole competitività e gente che viene a prenderti sotto casa se si becca una squalifica. Ogni tanto sento un po’ di nostalgia per come riuscivo a tenermi impegnato, organizzando cose che fino a un secondo prima che succedessero sembravano impossibili e che poi si rivelavano in grado di emozionare grandi e piccoli; poi, col Covid, ho scoperto quanto cazzo è bello avere il proprio tempo libero tutto per se stessi.
Onesto, non ci ho capito una mazza
Ma veramente zero, due ore di confusione totale che hanno minato alla base il mio ego. Tipo che quando siamo usciti dalla sala, dopo la proiezione de Il Ragazzo e l’Airone, di Hayao Miyazaki, si capisce, la frase che praticamente tutti si ripetevano tra loro, nei vari gruppetti fermi a fumare una sigaretta, era “Appena torno a casa devo leggere qualcosa per capire di cosa parlava”. Possiamo dire che, per carità, va bene il cinema impegnato, anche se si tratta di film d’animazione, va bene il simbolismo e i richiami concettuali, ma se la gente esce dalla sala senza aver capito cosa ha visto non è proprio il massimo. In questi casi ho sempre molta difficoltà a parlare di capolavoro del maestro, film non per tutti e tutte quelle frasi buttate lì per rendere le cose sempre più di nicchia, perchè tra me e amici eravamo una decina, ragazzi che un minimo di cultura cinematografica di base ce l’hanno, che hanno visto le robe più disparate, eppure eravamo molto confusi.
Bello da vedere? Bellissimo, con tutti questi esserini paffuti, queste esplosioni di colori e di sensazioni che sembrano tangibili sullo schermo. Personalmente mi ha disturbato solo in alcuni momenti, dove le animazioni non erano proprio fluide e, anzi, sembrava andasse tutto a scatti, come se fosse precipitato il framerate. Inoltre, rispetto ad altri film di Miyazaki, a ‘sto giro non mi è rimasto particolarmente impresso il comparto sonoro, perché sembrava mancasse qualcosa, una specie di tono epico del tutto, non saprei come spiegarlo, come se le cose non diventassero mai importanti davvero.
Insomma, per me è stato un bluff, non ci giriamo intorno. Non dico che avrei voluto cogliere tutto ma nemmeno non capirci niente come poi è successo. Tra l’altro, situazione incredibile: alla prima di un attesissimo film come questo, il Cinema Andromeda di Brindisi si ritrova col sito che collassa al momento di ultimare una prenotazione e dal centralino rispondono che non sanno che fare. Ora, non mi aspetto mica che gli addetti alla biglietteria possano sistemare un sito web, ma quantomeno avere un piano di riserva, un salvacondotto per non perdere quei soldi. Noi alla fine ci siamo andati perché un bravo amico è partito un’ora e mezza prima per andare a comprare i biglietti, ma chissà quanta gente quella sera non è venuta perché magari aveva paura di farsi, che so, venti-trenta minuti di macchina per poi rimanere fuori.
Ho letto il Mein Kampf
Premessa: ho comprato Mein Kampf di Adolf Hitler senza sapere di cosa parlasse e sono onesto, anche se sembra la più classica delle chiacchiere madonna, già lo so che ora inizierò ad accampare scuse che mi renderanno ancora meno credibile, pensavo fosse una di quelle biografie particolarmente crude e senza filtri, che ti dicono tutto ma proprio tutto, ed ero certo fosse così, considerato che una copia di questo libro è stata trovata nelle librerie dei peggiori stragisti degli ultimi anni. Vi giuro che non immaginavo minimamente che fosse stato scritto da Hitler in persona e che fosse (per gli ignoranti come me) letteralmente il racconto di una parte della sua vita, del suo pensiero e di tutto quello che l’ha portato a guidare il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Menomale che l’ho comprato al mercatino della domenica a Francavilla e l’ho pagato in contanti, così non esiste nessuna transazione tracciabile che possa ricondurmi all’acquisto di questa merda.
Le parole di Adolf Hitler sono fin dalla prima pagina troppo dure da digerire. Per i primi giorni di lettura mi sono chiesto se davvero dovessi leggerlo tutto, se ne valesse la pena e se ci fosse anche un solo motivo per andare avanti, che fosse il semplice scopo di informarmi e di capire l’escalation di eventi che ha portato a quello che tutti sappiamo. L’ho finito senza aver trovato una risposta a questa domanda, rushando le ultime pagine perché non vedevo l’ora di chiuderlo e metterlo da parte, come quel tuo cugino un po’ zoppo che non vedi l’ora che se ne vada e la smetta coi suoi racconti del cazzo di evasione fiscale e bollette non pagate. Anche perché mi aspettavo che prima o poi venisse fuori il colpo di scena, una specie di storia di bullismo nei confronti di Hitler, tipo, che so, che magari era stato picchiato da membri della comunità ebrea, o che uno di loro gli avesse rubato la ragazza. Invece niente: questo da un momento all’altro scucca4 e inizia ad avercela a morte con loro e con le persone di colore, unendo a caso un sacco di puntini e delirando su come il mondo dovrebbe andare veramente.
Mischiare il sangue con quello impuro, confondere le razze, davvero delle cose che mi hanno fatto rabbrividire, perché a me non sembra vero che sia possibile provare così tanto odio da convicersi che possa essere corretto sterminare un sacco di gente random. Cioè questo già da ragazzo aveva ‘ste idee, ne parlava in pubblico, agitava le masse E NESSUNO LO HA MAI FERMATO PRIMA. È un libro ridicolo, permeato di una crudeltà e di una violenza spesso sottili, che si infiltrano sotto pelle. In diversi punti è anche possibile prenderne delle micro-parti, qualcosa tipo due o tre frasi consecutive, leggerle e poi pensare “Vabbè non è che c’ha torto eh, alla fine so’ d’accordo” ma è veramente uno specchietto per le allodole, perché ognuna di queste parti serve in realtà come trappola per portarti altrove, conducendoti piano piano a una visione delle cose totalmente sfalsata. Tipo a una certa Hitler dice che non è possibile che i politici facciano casini che influiscono sulla vita di migliaia di persone e che poi gli basti dimettersi per scavallarsi la responsabilità del gesto: tu lo leggi e dici “Vabbè dai oh, può pure essere” e lui subito dopo “Ah sei d’accordo vero? Ecco perché dovremmo sterminare gli austriaci e rifondare l’Impero germanico”.
Primo all’ultimo dell’anno
Comincio col dire che non so assolutamente nulla della saga di F-Zero che non siano alcune piste per Mario Kart (che non gradisco particolarmente). Anzi, per lungo tempo l’ho confuso con Starfox, quindi immaginate il mio livello di partenza.
Ho sentito parlare di F-Zero 99 durante una puntata di Chiacchiere, lo spin-off del podcast Insert Coin, di Massimiliano Di Marco. Questa informazione è entrata nella mia testa e ci ha dormito per tipo un mese e mezzo, senza che niente si muovesse. Poi una sera, davvero inspiegabilmente, sono tornato a casa e l’ho scaricato perché si, perché mi è partita la rotella, avrò intravisto una pubblicità nella home di Swtich e allora lesto, devo provare che tanto è gratis. In un primo momento non mi ha entusiasmato nemmeno l’idea: si tratta di una specie di battle royale con le macchinine pixelate, dove tu e altri 98 avversari (principalmente bot) vi prendete a cartoni sulla pista nel tentativo di vincere ed eliminare gli altri. Ci ho giocato distrattamente per un quarto d’ora e poi ho lasciato perdere.
Il giorno dopo però ci sono tornato di nuovo, perché anche se l’ho giudicato negativamente, un paio di cose divertenti mi erano rimaste addosso: ci sbatto di nuovo un quarto d’ora, aiutato da queste gare piccole piccole di un paio di minuti, e poi lo lascio perdere. Essendo interamente online e considerato che non ho linea fissa a Bari, lo metto da parte la domenica e lo rigioco il venerdì successivo, quando torno dai miei. Una ventina di minuti al massimo, non di più, il tempo necessario ad abboccare a tutte quelle dinamiche tipo fai cinque gare e partecipa alla lotteria/tra cinque minuti inizia la coppa. Poi torno a Bari, ritorno a Francavilla e ci gioco, e mi accorgo che un po’ aspetto il fine settimana, come quando c’è la Formula 1.
Di base, F-Zero è difficilissimo: nelle gare i 99 piloti si contendono la vittoria per quattro giri, col numero dei piloti che si riduce a ogni giro (questa la dinamica da battle royale) perché gli ultimi cinque vengono eliminati in automatico e perché altri vengono sbattuti fuori. Quindi tu devi gestire una barra dell’energia, ricaricabile a ogni giro, che ti serve sia per sprintare che per resistere alle sportellate degli altri. A sentirla così sembra veramente ‘na cazzata ma quando poi lo provi ti accorgi che funziona. Le gare standard viaggiono assieme a degli eventi a tempo, tra cui le Coppe, disponibili ogni mezz’ora e formate da cinque gare dove si parte in 99 al primo giro della prima gara e si chiude in 20.
Per un paio di settimane circa mi sono messo sotto, cercando di imparare i diversi tracciati e le caratteristiche delle macchine, come fare bene le curve, come ottimizzare il turbo. Prendo le misure alle diverse meccaniche e il piccolo diavolo che sta dentro di me, quello che si spezzerebbe le corna per un po’ di brivido arcade e una vittoria, inizia ad alimentarsi, a bere con mani piene dalla fonte. Miglioro ogni settimana che passa, vado vicino a piazzare il colpo nella Coppa Inverno, e poi…
Semplicemente, il mio miglior risultato sportivo dell’anno 2023.
Gli avanzi delle feste
ATTENZIONE, EMERGENZA. Ho scoperto Amazon Luna, il servizio di streaming di videogiochi di Amazon che funziona pure dal Fire Stick. L’ho provato un pochino ma ho bisogno di qualche dato in più prima di parlarvene;
un mese fa è venuto fuori questo primo trailer della serie Amazon su Fallout. Sembra fatto bene, diretto da Jonathan Nolan, lo stesso di Westworld (serie incredibilmente bella nelle prime due stagioni, incredibilmente una merda dopo). Cast secondo me di livello, almeno dal trailer mi sembra molto fedele nell’atmosfera della narrazione, ma poco ispirato nelle ambientazioni. E poi quell’elicottero…
avete mai mangiato il pesce cotto al sale? Io l’ho provato per la prima volta a dicembre, durante una cena coi colleghi. Mai mi sarei aspettato che esistesse una cosa di questo tipo, pazzesco cosa fa la scienza;
comunque per poter installare P5R su Switch, ho dovuto eliminare Dragonball Fighter Z, pagato 9,99 euro ad aprile e giocato per una manciata di ore. Questa cosa mi ha ammazzato onestamente, perché sento di averlo lasciato a metà senza averci giocato abbastanza, o meglio, avevo ancora voglia di farla qualche partita. Era comunque il più sacrificabile e l’ho salutato con la promessa che ci rivedremo.
Nel prossimo numero: 2000 euro al mese per non fare niente - Ogni mattina, in Africa, un server si accende - Elio Bergkamp e Samassi Pane - Il reso più veloce della storia - Mangiare in un ristorante da 100 euro
E questa settimana l’abbiamo portata a casa contro ogni pronostico. Ciao!
che comunque deposito comodamente nel mio carrello Amazon, dove al momento sono presenti Il mondo finisce all’orizzonte, di Luigi Calisi; Chiedi a Iwata, di Satoru Iwata; Battle Royale, di Koushun Takami; The Road, di Cormac McCarthy;
ovvero, da quando ho iniziato la dieta. Un saluto all’amico Tommaso che ieri si è giocato lo SvuotaTutto del frigo, cucinandosi riso basmati con hamburger di bovino, funghi e pomodori, rigorosamente in un piatto unico;
qui ci sta una storia incredibile: per metà anno ho usato un monopattino a noleggio, quaranta euro al mese. Poi un amico mi ha prestato il suo e dopo venti giorni mi ha lasciato il pneumatico posteriore, cinquanta euro per aggiustarlo; un’altra settimana e cede, sempre lo stesso, quindi lo metto da parte e ritorno a quello a noleggio. Tre mesi dopo faccio cambiare le ruote, passando da quelle con camera d’aria a quelle piene, altri cento euro;
dal verbo scuccare, perdere improvvisamente la pazienza, sinonimo di innervosirsi (ad esempio no mi fa brushcà ca’ poi scucco - non farmi rosicare che poi mi innervosisco). In realtà dalle mie parti si usa zero, ma alle superiori andavo in classe con delle ragazze di San Pietro Vernotico che lo dicevano praticamente sempre;
Sempre un gran bel leggere, grazie!
E che piacere vedere gente che si abbevera alla fonte lisergica di F-Zero per la prima volta.
Immaginare quella frase che hai scritto attribuendola a Hitler, col tono “ah lo vedi che sei d’accordo?”, mi ha quasi fatto sentire male... 😂